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Settembre in Santa Chiara: la Costituzione liberale napoletana e la guerra patriottica

Dalla restaurazione ai moti che prefiguravano l’Unità d’Italia. Questo il periodo preso in esame nell’ultimo appuntamento del “Settembre in Santa Chiara” svoltosi il 1 ottobre scorso al Chiostro delle Clarisse. A spiegare il quadro generale delle potenze europee ad inizio ‘800 è Carmine Pinto, giovane professore dell’Università di Salerno tra i migliori conoscitori di storia contemporanea, che introduce la platea all’epoca pre-risorgimentale. Dopo la caduta di Napoleone, le potenze vincitrici riunite in congresso a Vienna, si impegnarono a ristabilire in Europa le autorità e gli equilibri presenti nel continente prima della Rivoluzione Francese e dell'Impero napoleonico, ma gli ideali della rivoluzione non si erano affatto sopiti nella penisola italica allora suddivisa in diversi stati-nazione. A poco a poco si crearono gruppi organizzati che operarono alle spalle della monarchia spagnola e austriaca. La miccia è l’ammutinamento nel gennaio del 1820, di una legione spagnola in partenza da Cadice per il Sud America.

L’assetto dei militari, appoggiati da parte del clero, e dalla nascente classe della borghesia terriera, crea un effetto-domino in Portogallo e nel Regno delle Due Sicilie. A Napoli i moti reazionari culminano nel luglio 1820 con la promulgazione da parte di Re Ferdinando VII della Costituzione e l’instaurazione del primo parlamento elettivo. Tuttavia gli entusiasmi per la vittoria del liberismo saranno presto sostituiti dalla tragicità della repressione. Re Ferdinando riesce ad ottenere dal neonato parlamento il permesso per poter partecipare al Congresso di Lubiana da quale ritornerà con l’esercito Asburgico per ristabilire l’ordine costituito, ovvero la monarchia assoluta. “Eppure – chiosa il giovane docente universitario – l’avvento della costituzione liberale napoletana diede impulso ad un’idea di progresso politico attraverso la libertà di pensiero e parola (nacquero circa 150 testate giornalistiche), il diritto al voto, arginando le politiche economiche dispotiche degli assolutisti”.

E a Noci? Lo spiega l’avvocato Antonello Roberto che nel 2011 ha pubblicato il libro "Noci nel Risorgimento". Nella piccola città murgiana gli echi rivoluzionari liberali sono arrivati alle orecchie di molti. Nonostante il principe Gioacchino Murat portò una ventata di progresso con la lotta alla “mano morta” dei beni ecclesiastici, il posizionamento del cimitero fuori dalle chiese, il rinnovo della scuola pubblica, e la riforma della successione che concedeva a tutti i figli (e non più solo al primogenito) il diritto alla eredità paterna, nacque anche a Noci un’associazione massonica chiamata Neottolemo, dove vi aderiscono 78 persone tra borghesi, medici, sacerdoti, artigiani. Questi fecero circolare le idee liberali nel sud-est barese e grazie al movimento circa 70 nocesi decisero di aderire come volontari all’esercito napoletano in difesa del Regno contro la discesa asburgica. Purtroppo la difesa patriottica non portò ad un risultato positivo e anche Noci dovette soccombere al ritorno del Re delle Due Sicilie.   

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